Nel corso degli ultimi mesi abbiamo seguito da vicino la situazione delle partite iva, un esercito di persone che a causa delle prescrizioni dei DPCM che si sono succeduti non può più lavorare. Ristoranti, bar, parrucchieri, estetiste, lavoratori del mondo dello sport, della cultura, dello spettacolo, del turismo paralizzati dalla pandemia, senza prospettive di risoluzione immediate e dal futuro sempre più incerto.
La manifestazione #IoApro1501 che lo scorso gennaio promuoveva la riapertura dei ristoranti di tutta Italia, nella provincia di Alessandria ha portato alla luce un quadro del tutto scoraggiante per chi, come noi di Italexit, si discosta dal pensiero mainstream e cerca di dare una valutazione obiettiva dei fatti. Nella nostra provincia hanno "disobbedito" solo due ristoranti del capoluogo, che hanno scelto di aprire e servire regolarmente gli avventori, salvo poi l'interruzione del servizio per l'immediato intervento delle Forze dell'Ordine.
Uno dei due titolari, Claudio Campisi del Kitchen Street Bistrot, raggiunto dalla nostra referente al telefono, parla di situazione generale di disperazione, ma nonostante abbia cercato di coinvolgere i colleghi di tutta la provincia, si è dovuto arrendere di fronte alla paura di essere multati e costretti ai 5 giorni di chiusura. Ebbene sì, parliamo di paura.
La paura del fallimento non scalfisce quella verso l'autorità. Degno di nota l'atteggiamento delle sezioni locali delle associazioni di categoria che, prendendo le distanze da iniziative definite "illegali", auspicando un proficuo dialogo a livello istituzionale, di fatto non hanno dato nessun supporto materiale alle categorie più colpite.
Non va di certo meglio nel settore dello sport. Palestre e circoli ricreativi, dopo aver speso molti soldi per mettere in sicurezza i loro locali, non sanno né quando né secondo quali modalità potranno riaprire. Probabilmente saranno richiesti dal Governo nuovi adempimenti accessibili solo a pochi di loro. I ristori non sono stati sufficienti a coprire le spese e, avendo sospeso gli abbonamenti dei clienti, in caso di riapertura dovrebbero riattivarli e questo vorrebbe dire traslare ulteriormente nel tempo possibili entrate.
Le nostre interviste con alcuni titolari di palestre tra Alessandria e Tortona hanno evidenziato una totale perdita di fiducia nei confronti delle istituzioni. Alcuni per sopravvivere hanno scelto dove possibile di lavorare magari per piccoli gruppi contravvenendo alle disposizioni dei decreti. Uno di essi ci dice: "Ho perso due anni di lavoro e questi pirla pretendono che stia chiuso. Sono stanco di questa situazione e non ho più risorse. Quindi faccio le mie lezioni e me ne frego".
Istinto di sopravvivenza, rabbia, il distacco della politica incapace di farsi portavoce della loro disperazione. In chi trasgredisce, pochissimi in verità, c'è questo. Negli altri sussiste un sentimento di impotenza.
Allora per tantissimi di loro l'unica carta da giocare è chiedere aiuto a genitori e parenti. C'è un'intera generazione che si sta trovando ad affrontare la pandemia attraverso una sorta di welfare familiare: la pensione dei genitori serve per il figlio - partita iva che non può lavorare, arriva lì dove lo Stato fa orecchie da mercante. Il trattamento subito dal mondo dello sport mette in luce, se questo non fosse già stato fatto a sufficienza, come venga considerato da chi ci governa: alla stregua di un hobby e come tale rinunciabile. Eppure lo sport è prevenzione e spesso cura delle patologie più comuni che stanno peggiorando la qualità della nostra vita e sbilanciando in senso negativo il già precario equilibrio finanziario della nostra sanità.
La situazione pandemica è sopraggiunta andando a peggiorare un quadro complessivo assolutamente critico. Già il 2019, come documentato dalla CCIAA di Alessandria, si era chiuso con un saldo negativo tra iscrizioni di nuove imprese e cessazioni di quelle preesistenti con una negatività diffusa a tutti i settori. A ciò si aggiunga una perdita di fatturato a due cifre in tutti i settori, con perdite pari ad oltre il 40% nel comparto della ristorazione nel 4° trimestre del 2020.
Non crediamo ci sarà nell'immediato futuro la possibilità di migliorare l'attuale situazione. Non c'è prospettiva di ritornare seppur parzialmente e gradualmente alla normalità e i ristori sono briciole di elemosina che non danno il minimo aiuto.
L'Unione Europea, quella della solidarietà, dovrebbe sostenerci, ma l'unica possibilità sembra data dal Recovery Fund che al momento ci sembra un miraggio. La lentezza burocratica ne ritarda l'erogazione e i progetti formalizzati dalla Regione Piemonte non potranno avere, per i naturali tempi di realizzazione, benefici nell'immediato.
Le nostre imprese non possono più aspettare: Italexit chiede che gli enti locali e le associazioni di categoria si facciano portavoce della disperazione dei nostri piccoli imprenditori, prima che essa sfoci in una emergenza economica e soprattutto sociale insanabile.