LA GANG DEI RAGAZZINI ALLA STAZIONE DI MONDOVI'
Se le cose non cambiano in fretta, il 2021 rischia di diventare l'anno della spaccatura definitiva tra i giovani e la società. La vicenda delle gang di Mondovì è l'ultimo capitolo di una storia che si trascina da anni, che la Didattica a Distanza e il divieto alla socialità stanno semplicemente rendendo ancora più drammatico.
Fuori dalle grandi città il copione è sempre lo stesso: giovani che non hanno più punti di riferimento, né in termini di luoghi fisici (in alcuni comuni non si può neanche più giocare a calcio per strada...) né in termini di coinvolgimento nella vita della collettività. La loro educazione e la loro formazione sono delegate alla TV spazzatura e ai social media dove spopolano orde di buffoni che si fanno chiamare "influencer" (non si capisce rispetto a cosa) e che raccontano di soldi facili, macchine di lusso e case da sogno ottenuti facendo la vita da ribelli.
Una ribellione molto strana, visto che poi li si trova da applaudire ogni nuova mossa del governo. Ma tant'è: per molti giovani sono gli idoli da emulare.
In tutto questo, le istituzioni locali si trovano spesso con le mani legate: il mantra europeo dice che "non ci sono soldi" e non si può investire su iniziative rivolte ai giovani. Le associazioni del territorio diventano quindi l'ultima spiaggia, ma è inaccettabile che tanta responsabilità venga fatta ricadere sulla buona volontà di poche persone.
Uno Stato che non si prende cura dei giovani è uno Stato che non ha futuro. La retorica della "generazione Erasmus con il sogno dell'Europa unita" esiste solo nella testa di politici che hanno perso il contatto con la realtà: a questi ragazzi va data la possibilità di costruirsi una vita dignitosa nel loro paese rimuovendo gli ostacoli di natura sociale ed economica e riducendo l'influenza di queste sotto-culture basate sull'apparenza e sull'omologazione.